lunedì 17 settembre 2018

LA MAGLIA DELLA BEFANA di Antonella Milardi

(Liberamente ispirato da una storia vera.)

“Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle.

Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo” Giorgio Muggiani, 09 marzo 1908.

Nel 1948, d’estate, nasce Angelo in un piccolo paese,

mentre l’Inter è guidata da un allenatore gallese.

Il parto del bimbo non è stato, nella collettiva immaginazione,

podalico né cefalico perché il primo a veder luce è stato il pallone:

se all’epoca fossero stati completati gli studi sugli ultrasuoni,

l’eco avrebbe mostrato un bimbo, una palla e neroazzurri striscioni!

Angelo ha per il calcio tanto amore

che, per hobby, è diventato allenatore:

insegna il calcio ai ragazzi della romana periferia,

cosicché non prendano, sulla strada, una brutta via.

Nel 1980 è da pochi anni sposato

e decide di allenare anche il giovane cognato:

questo, di nome Lallo, è bravissimo a giocare

e con Angelo condivide anche la gioia di tifare,

 guardano insieme le partite dell’Inter con striscioni e cartelli,

facendo allo stadio la ola al campione del Mondo Altobelli.

Angelo avrebbe desiderato forse dei figli maschietti

che sarebbero diventati calciatori, o arbitri coi fischietti,

ha invece due graziose femminucce

con esili corpicini e strette spallucce.

 

Le bimbe si divertono a guardare le partite dal papà organizzate,

soprattutto quelle tra scapoli e ammogliati in cui si crepa dalle risate:

gli scapoli, giovani e aitanti, corrono come fulmini, veloci e scattanti,

gli ammogliati invece, goffi e appesantiti, fanno capitomboli esilaranti.

Zio Lallo e papà Angelo insegnano alle bimbe a far per l’Inter un tifo scatenato

e se qualche partita è persa la colpa è, certamente, del pessimo arbitrato.

Lella, delle due bimbe la più piccolina,

ha indelebile nella memoria una domenica mattina

in cui zio Lallo le mette una bella maglia dell’Internazionale

e la porta per la prima volta nell’enorme stadio della Capitale.

Lella ha nove anni, il cuore batte forte, è emozionata,

la vibrante e festosa confusione dei boys l’ha subito gasata.

Intorno a lei bandierine colorate, striscioni, sciarpe bicolore

e urla disumane già all’apparir del primo giocatore.

Al primo urlo corale Lella sussulta spaventata,

ma lo zio la tranquillizza, vedendola agitata:

“Le urla dei tifosi danno ai calciatori tanto coraggio,

ecco perché tifiamo e facciamo la ola se siamo in vantaggio”.

Lella allora decide di imitare i vicini,

con urla e stonati cori canterini:

mentre Lella si diverte agitando in aria la bandierina

ecco al tredicesimo minuto il goal di Farina!

Seppur in pochi, perché fuori casa,

la ola arriva subito sinuosa:

 

Lella è felice di partecipare alla festosa coreografia

che dà anche ai tifosi una carica di dirompente energia.

Due minuti dopo, però, la festa è rovinata e gli interisti urlano a più non posso:

Lella è contagiata dalla loro tristezza, c’è stato il pareggio di un player giallorosso.

La tensione sale alle stelle, la bimba è dispiaciuta per lo zio e i suoi amici,

il cuore batte forte, il cielo si annuvola, la partita prosegue sotto cattivi auspici.

Va infatti di male in peggio, subendo l’Inter anche le reti di Giannini e Desideri:

i tifosi giallorossi, una ola dopo l’altra, sembrano crepitanti bracieri.

La partita per gli interisti sembra persa con disonore

ma all’ottantanovesimo l’arbitro chiama un rigore!

Altobelli ha gli occhi di tutto lo stadio su di lui puntati,

silenzio assoluto, anche i giallorossi si sono bloccati!

Quel secondo in cui l’attaccante calcia il pallone

risuona nello stadio come lo sparo del cannone:

GOOOOOOOOOOOOOL ! I tifosi nella gioia uniti,

non hanno vinto ma hanno combattuto agguerriti.

3-2 per la Roma è il risultato finale: i neroazzurri non festeggiano con il vino,

“ogni maledetta domenica o si vince o si perde” dirà, 10 anni dopo, Al Pacino.

Angelo e Lallo continuano a tifare e vanno anche alle partite della Lazio

perché con la sua tifoseria hanno stretto un eterno sodalizio.

  Un giorno, però, Angelo si ritrova a tifare da solo

perché il cognato per la Francia prende il volo:

emigra dall’Italia per lavoro e per amore,

ma senza scordare le sue sciarpe bicolore.

 

Zio Lallo dalla Francia chiama sempre il cognato

per criticare o lodare il calcio mercato:

“Hanno fatto andar via Panucci e Baggio,

come facciamo  ora ad andare in vantaggio?”

In Francia Lallo diventa papà di tre bei monelli:

per primo nasce Paul, poi Lèo e Jack, che sono gemelli.

I ragazzi crescono amando il calcio come il capofamiglia:

Paul tifa per l’Inter, Lèo per la Lazio e Jack per il Marsiglia,

quando guardano in TV una partita importante

chi “gufa” contro gli altri e chi, invece, gioisce esultante.

Zio Lallo senz’altro non si annoia,

vederli fare il tifo è sempre una gioia!

Paul, diventato maggiorenne, decide di compiere un viaggio:

vola a Roma per vedere la partita Lazio-Inter del 2 maggio.

Lella, la cugina 32enne, come fece lo zio quando era piccolina,

compra per Paul una maglia nero-azzurra, una sciarpa e la bandierina.

Felicissima di portare per la prima volta all’Olimpico il cuginetto

anche Lella è agitata, essendo l’Inter vicina a vincere lo scudetto.

La trepidazione di entrambi raddoppia perché tutto lo Stadio è in gran festa,

grazie alla fratellanza delle due tifoserie, che con uno striscione si manifesta:

DA SEMPRE FIERI DEL NOSTRO GEMELLAGGIO

ALLA NORD DI MILANO RENDIAMO OMAGGIO”

Le tifoserie della Lazio abbandonano ogni brama di gloria

per aiutare i neroazzurri amici a gridare: “VITTORIA!”

 

I calciatori non deludono la tifoseria supplichevole,

tanto che la partita si configura come un’amichevole.

I tifosi di entrambe le fazioni sono soddisfatti del risultato finale,

il punteggio della partita è di 0-2 per l’Internazionale.

Paul e Lella sono orgogliosi di questa emozionante partita

che insegna come l’amicizia sia il valore più importante della vita.

Lella ha il cuore che batte forte come quando era piccina,

quando allo Stadio esultava dando al dolce zio la manina:

la storia si è ripetuta con l’adorato cugino

e questo le fa sentire zio Lallo più vicino.

Il calcio ha unito 4 generazioni di una famiglia:

questa è la magia del tifo e la sua meraviglia.

Un brutto giorno, però, accade un tragico incidente:

Angelo muore, cadendo da una scala, accidentalmente,

una stupida caduta, mentre avvita una lampadina:

la scala vacilla, diventando la sua spietata assassina.

Zio Lallo, Lella e tutti i familiari non indossano più il bicolore,

ma il nero offusca l’azzurro, diventando un unico luttuoso colore.

Per Lella il calcio perde importanza,

per il tifo non prova più esultanza.

Passano 8 anni dal triste evento: Lella intanto ha sposato

un uomo che non ama il calcio ma del nuoto è appassionato.

Hanno un bambino che cresce senza vedere mai una partita:

la qual cosa in Italia è rara e da molti considerata inaudita.

 

Il bimbo è molto simpatico e vivace, si chiama Simone

e a volte, spontaneamente, si mette a giocare con il pallone:

la mamma gli spiega che c’è una rete in cui bisogna tirare

ma non gli dice mai che ci sono diverse squadre per cui tifare.

Oggi Simone ha 4 anni, è il giorno della Befana,

riceve tante calze, da nonne e zie, anche da zia Luana:

quando Simone scarta quest’ultima calzetta

al suo interno trova una bella maglietta,

è azzurra con la scritta nera e il disegno di un pallone,

nel vederla si illumina di immensa gioia il viso di Simone!

Si rivolge alla mamma dicendo: “La maglia dell’Inter! La mia squadra preferita!”

Lella, con un tuffo al cuore e le lacrime agli occhi, guarda il figlio stupita.

Il tifo calcistico è una popolare fede sacra, più potente della religione:

le tesi di Feuerbach e di Marx vi si applicano, infatti, con maggior convinzione,

gli esseri umani hanno bisogno di credere in qualcosa che li renda uniti,

qualcosa che non li deluda, come accade invece con la politica e i suoi partiti.

Riconoscendo il bimbo nella maglia della Befana

la squadra dell’Inter accade una cosa sovrumana:

la fede per il calcio da nessuno insegnata

è un eterno amore, una passione innata,

una miracolosa reincarnazione

che non potrà mai subire un’ammonizione.

 “Essere neroazzurri è un traguardo, un segno di eccellenza.

Vi chiedo di urlare forza Inter con passione, ma senza rabbia”

Giacinto Facchetti, Inter 1908-2008: un secolo di passione neroazzurra.

2 commenti:

  1. Zia Lella, zia Lella, sei veramente eccezionali ad essere riuscita a raccontare la storia di 4 generazioni usando la forza del tifo e poche righe.
    Sei riuscita a essere scorrevole pur trattando una tragedia, anzi, prendilo come un complimento sincero,ma sei persino riuscita ad allontanare il dolore più profondo sapendo che saranno primariamente i bimbi a leggere questa stupenda storiella rinata.
    Con altre idee come questa potresti comporre un libretto di fiabe stupende che poi fiabe proprio non sono.
    Complimenti sinceri e vivissimi, mia cara. Meriti più di un libro.
    Ti prego di continuare.
    Un abbraccio a te e a tutta la tua splendida famiglia

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